Il difficile lavoro domestico in regime di convivenza

Nella ricerca di personale domestico sono in gran parte richieste figure professionali con disponibilità alla convivenza, per le quali le famiglie forniscono, oltre alla retribuzione regolarmente contrattualizzata, anche vitto e alloggio.

Questo tipo di contratto domestico, prevede un impegno lavorativo di 54 ore, con un giorno e mezzo di riposo, settimanali.

Durante tale periodo i collaboratori domestici si occupano della pulizia quotidiana della residenza, del lavaggio e stiro del guardaroba, della preparazione dei pasti, accudimento di bambini, commissioni ed acquisti per la casa (ne ho parlato nel post sul mio blog “Programma attività domestiche”).

Empatia e feeling 

La convivenza richiede necessariamente che si instauri un adeguato feeling e dialogo tra le parti e questo è l’aspetto più importante ed allo stesso tempo, non così scontato.

Infatti, trattandosi di rapporti umani, ogni realtà lavorativa è unica nel suo genere e non mi riferisco esclusivamente alla tipologia di lavoro o come viene richiesto nell’eseguirlo, ma soprattutto alla empatia caratteriale che deve nascere con il personale domestico.

Se caratterialmente, la famiglia e il lavoratore, sono in conflitto o non si riesce a trovare un equilibrio nel dialogo e nella convivenza, il rapporto di lavoro non può funzionare.

Capacità di ambientamento 

Ogni famiglia ha una propria organizzazione quotidiana, dettata dal tipo di vita che conduce, da come è composta e dalle abitudini specifiche che segue ed lo staff domestico deve possedere delle capacità di adattamento tali da integrarsi con la vita della famiglia.

Il collaboratore domestico deve saper mettere a disposizione del datore di lavoro, tutte le sue competenze, adeguandosi allo stile di vita della famiglia, capendone le necessità ed agevolando la routine domestica.

La professionalità del lavoratore si dimostra con un approccio collaborativo e non invasivo che va rielaborato di volta in volta, perché ogni realtà è diversa dalle precedenti e quindi non può essere affrontata con lo stesso metodo.

Quando è un solo elemento della famiglia a non essere soddisfatto

Mi è capitato nel corso del tempo di dover affrontare situazioni in cui il problema di incompatibilità caratteriale, riguardasse un solo componente della famiglia verso il domestico.

Quando uno dei due coniugi non riesce proprio a sopportare l’assistente domestico, anche se sotto l’aspetto lavorativo non ha nulla da ridire, la convivenza è veramente complicata e finché è possibile si cerca di fare in modo che l’interazione sia delegata quasi esclusivamente al coniuge con cui il domestico non ha problemi. 

Ma trattandosi di equilibrio familiare, se non si riesce a trovare un punto di incontro, anche la soddisfazione lavorativa prima o poi viene meno, perché ogni pretesto, anche il più banale, potrebbe essere motivo di discussione (ne ho parlato nel mio post LinkedIn del 22-09-21 “Parlare e non capirsi, le difficoltà nella comunicazione”).

La convivenza lavorativa è una scelta

I rapporti di lavoro domestico in regime di convivenza, sono complicati e non alla portata di tutti.

Lato datore di lavoro, è necessario sentirsi preparati e convinti nell’accettare un figura “estranea” in casa, perché la vita non sarà esattamente la stessa con ovvi accorgimenti e restrizioni di libertà rispetto a prima di tale scelta.

Lato lavoratore domestico, è necessaria molta flessibilità, disponibilità e spirito di adattamento al contesto familiare ed alle specifiche esigenze; chi è disponibile al lavoro in convivenza, non ha impegni familiari o interessi diversi che ne ostacolerebbero la flessibilità, per cui è una scelta molto consapevole o così dovrebbe essere.